Il portale dell'Universo Sconosciuto: Scienza & Mistero

12/05/16

Una raffigurazione immaginaria dello schianto dell'UFO di Aurora

Il 17 aprile 1897, circa sei anni prima dello storico volo dei fratelli Wright, ad Aurora, una piccola cittadina del Texas sita a nord ovest di Dallas, si sarebbe schiantato un oggetto volante non identificato ed il corpo dell'essere che lo pilotava sarebbe stato sepolto in una tomba anonima nel cimitero locale.
La notizia dell'incidente fu pubblicata sul quotidiano Dallas Morning News del 19 aprile 1897 firmata da un certo S.E. Haydon e riportava che: "verso le sei del mattino gli abitanti di Aurora sono rimasti allibiti dall'apparizione della misteriosa aeronave che da qualche settimana viene regolarmente avvistata nei cieli della zona. Viaggiava in direzione nord ed era molto più vicina al suolo di quanto fosse accaduto in precedenza. Evidentemente i suoi macchinari erano in avaria poiché non superava la velocità di dieci-dodici miglia orarie perdendo gradualmente quota. Ha superato la piazza ed una volta raggiunto il limite nord della città è entrata in collisione con il mulino a vento sulla proprietà del giudice Proctor andando in mille pezzi con un'esplosione terrificante, distruggendo il mulino ed il serbatoio dell'acqua e spargendo i detriti su diversi ettari di terreno. Sembra che a bordo dell'aeronave vi fosse un solo occupante e malgrado i suoi resti siano stati dilaniati dall'esplosione, è evidente che non si tratta di un abitante di questo mondo. Il signor T.J. Weems, ufficiale telegrafista dell'esercito e una vera autorità in materia di astronomia ritiene che il pilota provenga da Marte. Alcuni frammenti di carta rinvenuti sul luogo della sciagura, probabilmente resti del giornale di bordo, sono pieni di geroglifici indecifrabili.
L'aeronave è andata quasi totalmente distrutta ed è impossibile formulare qualsiasi ipotesi in merito alla sua costruzione ed alla forza che la faceva muovere. Era costruita con un metallo sconosciuto simile ad una lega di alluminio ed argento e doveva pesare diverse tonnellate. La città oggi è piena di curiosi accorsi a vedere il relitto ed a raccogliere frammenti dello strano metallo dalle macerie. Il funerale del pilota si svolgerà domani a mezzogiorno."

L'articolo originale del Dallas Morning News scritto da S.E. Haydon

S.E. Haydon era un reporter occasionale la cui principale attività era quella di commerciante di cotone.
Nell'articolo l'aeronave veniva descritta come un enorme oggetto metallico a forma di sigaro e questo episodio sembra che giungesse al culmine di una serie di avvistamenti di oggetti volanti che in quel periodo stavano interessando tutto il territorio degli Stati Uniti.
Tuttavia nessuno degli altri giornali che in quel periodo parlavano di avvistamenti di oggetti volanti a forma di sigaro riportò notizia del funerale dell'"astronauta" di Aurora oppure di qualsiasi altro evento legato a questo episodio e nessuno dei frammenti di metallo che erano stati raccolti dalla folla di cittadini curiosi accorsi sul luogo dell'incidente fu mai analizzato o esposto in qualche museo locale e lo stesso dicasi dei frammenti di carta "pieni di geroglifici indecifrabili".
In seguito l'ondata di avvistamenti andò affievolendosi e l'episodio di Aurora finì nel dimenticatoio insieme a tutte le altre storie sulle aeronavi a forma di sigaro.
La storia fu rispolverata verso la metà degli anni sessanta quando gli Stati Uniti erano interessati da un'altra ondata di avvistamenti, solo che questa volta al posto dei sigari volanti vi erano i dischi volanti.
Sulla vicenda dell'ufo-crash di Aurora indagarono nel 1967 Donald B. Hanlon ed un giovane Jacques Vallee astronomo francese nonchè informatico e scrittore di fantascienza, che in seguito sarebbe divenuto un'autorità in campo ufologico. Sul caso fu coinvolto anche il Dr. J. Allen Hynek, astronomo della Northwestern University, mentore di Vallee e consulente del Project Blue Book.
Su quella che era stata la proprietà del giudice Proctor, il luogo del presunto schianto, sorgeva adesso una stazione di servizio. Il suo proprietario, Brawley Oates, non era in grado di confermare o smentire la storia, tuttavia invitò i ricercatori a parlare con Oscar Lowery di Newark, già residente ad Aurora ed undicenne all'epoca dei fatti.
Lowery disse che l'incidente in realtà non era mai avvenuto ed era del parere che tutta la vicenda fosse stata inventata di sana pianta da Haydon per trasformare la città in una specie di attrazione turistica, Haydon infatti viveva ad Aurora ed era preoccupato per il destino della città che in quel periodo attraversava una profonda crisi. T.J. Weems, l'ufficiale telegrafista esperto di astronomia citato nell'articolo, in realtà era un fabbro che non sapeva nulla di astronomia; sulla proprietà del giudice Proctor non vi era mai stato un mulino a vento ed infine molte persone del posto sapevano benissimo che la storia era una burla perché ne avevano parlato direttamente con Haydon.
Aggiunse che era stato già visitato da circa una ventina di persone che volevano notizie sull'incidente e tra questi vi erano diversi giornalisti, uno di questi gli aveva addirittura offerto una somma di denaro per confermare l'evento, ma lui aveva rifiutato.
Si appurò anche che il cimitero locale era amministrato dall'ordine massonico che aveva tenuto attenta traccia di tutte le sepolture e non risultava alcuna tumulazione nel giorno indicato dall'articolo e non vi era nemmeno traccia di una tomba sconosciuta che avrebbe potuto ospitare i resti del pilota dell'areonave.


In base a queste ricerche  Hanlon e Vallee liquidarono il caso come un falso ufologico.
Alle stesse conclusioni giunse nello stesso periodo il dr. Alfred E. Kraus, direttore del Kilgore Research Institute presso la West Texas State University. Kraus intervistò Oscar Lovery ascoltando la medesima versione dei fatti e addirittura esplorò il luogo dello schianto con un metal detector trovando vecchi oggetti come coperchi di stufe, anelli per briglie da cavallo, ma nessuna traccia dei frammenti del metallo sconosciuto che si dice avessero ricoperto l'area dello schianto.
C'erano pertanto tutti gli elementi per archiviare definitivamente il caso come una burla organizzata da S.E. Haydon, tuttavia il caso era ancora ben lungi dall'essere chiuso: questa storia era troppo intrigante per finire nel dimenticatoio.
Qualche anno dopo infatti la vicenda incuriosì Bill Case, un aviatore che scriveva per il Dallas Times Herald, il quale visitò più volte Aurora per svolgere le sue ricerche e, a partire dal marzo 1973, iniziò a pubblicare una serie di articoli sull'argomento che suscitarono interesse a livello nazionale.
Case per prima cosa intervistò Brawley Oates, il proprietario della stazione di servizio che sorgeva sul luogo dello schianto. Quando era avvenuto l'incidente Oates non era ancora nato e, come si è visto nella prima parte, durante le inchieste del 1967 non aveva confermato o smentito l'incidente. A Case invece riferì che aveva sempre sentito parlare di questa storia e, benché non credesse all'esistenza degli Ufo, riteneva che qualcosa doveva essere realmente accaduto. Disse anche che nel 1945 aveva contribuito a sigillare il pozzo che sorgeva sotto il mulino del giudice Proctor e durante questo lavoro aveva trovato un gran numero di frammenti di metallo grossi quanto un pugno, tuttavia non ci aveva fatto caso e li aveva buttati via; su quel luogo poi era stato costruito un pollaio.
Nel maggio del 1973 giunse ad Aurora un sedicente "cacciatore di tesori di grande esperienza" di nome Frank N. Kelley che con il suo metal detector esaminò la presunta zona dell'impatto ed il cimitero locale. Kelley riferì poi a Case di aver trovato una serie di frammenti di metallo nella zona dell'incidente e ne consegnò alcuni esemplari che una volta analizzati furono definiti "molto interessanti". Kelley disse anche che in una zona remota del cimitero il metal detector aveva rivelato qualcosa di insolito nel sottosuolo e lui era convinto che si trattasse della tomba dell'astronauta che magari indossava una tuta composta dalla stessa lega del metallo sconosciuto del quale erano composti i frammenti da lui trovati.
Nel frattempo Case nei suoi articoli riportava testimonianze di diverse persone anziane del luogo che avevano visto o comunque avevano sentito parlare dell'incidente. Una di queste era la novantunenne Mary Evans che confermò tutta la storia aggiungendo che i suoi genitori le avevano proibito di recarsi sulla località dello schianto, loro invece si erano recati sul posto ed avevano visto i resti della aeronave e dell'umanoide ed il funerale di quest'ultimo si era svolto il giorno stesso; un altro testimone, l'ottantatreenne C.C. Stephens, che all'epoca dei fatti aveva sette anni, raccontò che suo padre aveva visto un dirigibile la cui coda aveva preso fuoco e che poi si era sentita una forte esplosione ed i frammenti metallici erano stati disseminati per i campi. Altri testimoni, che vollero rimanere anonimi, affermarono che potevano portare Case sul luogo della tomba e che quell'informazione l'avevano ottenuta da un uomo di novant'anni troppo fragile per poter viaggiare.
In base a queste indicazioni fu individuata anche la lapide della tomba dell'astronauta che consisteva in una roccia di arenaria con una rozza rappresentazione di navicella spaziale, la navicella però era così stilizzata da sembrare una crepa nella roccia, cosa che in realtà molte persone sostenevano che altro non fosse.

Una foto della presunta lapide dell'astronauta

Case intanto aveva continuato a scrivere articoli che di volta in volta rivelavano nuovi sensazionali dettagli sulla vicenda di Aurora, ma la storia del ritrovamento della tomba dell'astronauta con la presenza di metallo al suo interno rilevata dal metal detector di Kelley fece accorre ufologi da ogni parte degli Stati Uniti e non solo, che chiedevano il permesso di scavare nel cimitero locale. A questo punto ci fu un clamoroso colpo di scena: l'articolo di Case del 4 luglio 1973 infatti denunciava che la lapide era scomparsa ed il metallo contenuto nella tomba era stato estratto tramite un cunicolo largo 7 cm che comunque non aveva minimamente danneggiato la tomba, in pratica erano state trafugate le prove fondamentali della veridicità di tutta la storia.
Case era furioso sia perché non gli era stato dato subito il permesso di scavare che per il fatto che non si era pensato di mettere in sicurezza la tomba dell'astronauta; d'altra parte le autorità di Aurora erano preoccupate dal crescente numero di visitatori che spesso avevano spezzato e prelevato pezzi di lapidi come souvenir. Per evitare il rischio di ulteriori profanazioni pertanto si decise di vietare qualsiasi indagine nel cimitero e negare qualsiasi permesso di riesumazione.
Questo episodio segnava la fine delle indagini sull'incidente di Aurora, ed anche in seguito le autorità locali continuarono a negare ad organizzazioni ufologiche come il MUFON (Mutual UFO Network), che aveva supportato Case durante tutta l'inchiesta, il permesso di scavare nel cimitero. Nel frattempo continuarono le visite dei curiosi che cercavano qualche indizio in quello che si supponeva fosse stato il luogo dell'impatto, ovviamente tutte le ricerche successive ebbero esito negativo.
D'altro canto cominciavano ad emergere alcuni particolari che minavano la credibilità delle rivelazioni di quegli ultimi mesi. Tanto per cominciare, il cacciatore di tesori Frank N. Kelley era irreperibile e si scoprì che il suo indirizzo e numero di telefono erano falsi e che nessuno nell'ambiente dei cercatori di tesori ne aveva mai sentito parlare, inoltre i pezzi di metallo trovati, sottoposti ad altre analisi indipendenti, si rivelarono essere comuni frammenti di alluminio ed in ogni caso erano troppo ben conservati per risalire all'epoca dello schianto, sembrava che qualcuno li avesse sparsi apposta nel luogo dove poi erano stati ritrovati. Era evidente che il sedicente Frank N. Kelley aveva cercato di raggirare il reporter Bill Case ed in generale di screditare il lavoro di tutta l'equipe del MUFON.


Per quanto concerne i testimoni, Mary Evans in una intervista successiva aveva affermato che il senso delle sue parole era stato travisato ed anche C.C. Stephens insisteva che non aveva mai detto che suo padre aveva effettivamente visto il dirigibile, ma tutto ciò che aveva visto lui personalmente nel 1897 era stato un incendio: "Ho pensato che fosse una casa che stava bruciando."
In sostanza nel 1973 era stato montato un caso mediatico che alla fine aveva mostrato tutta la sua inconsistenza: i testimoni erano quasi tutti ultranovantenni che insistevano a dire che le loro parole erano state fraintese e modificate per creare ad arte lo scoop, i frammenti di metallo trovati da Kelley erano comuni pezzi di alluminio, nessun frammento di metallo sconosciuto fu mai trovato, nessuna traccia dei pezzi di carta con i misteriosi geroglifici,e oltre all'articolo originale di Haydon, nessuna citazione dell'evento in qualsiasi altro giornale dell'epoca.
Per quanto riguarda il furto della lapide e del metallo dalla presunta tomba, nessuno sa con esattezza dove fosse localizzata e se effettivamente il furto sia mai avvenuto, di certo c'è che il cercatore di tesori che aveva rilevato il metallo sotto la lapide sparì senza lasciare tracce e questo non depone certamente a favore della sua credibilità.
In definitiva si può dire che si trattava di una bufala, anche se ancora oggi la vicenda viene citata come episodio dubbio, come se vi fosse ancora qualcosa da scoprire o fosse una vicenda sotto cover-up.
Rimane da capire il motivo per cui il mercante di cotone Haydon organizzò una simile burla e se in questo fu aiutato dal giudice Proctor, come qualcuno in paese aveva suggerito, magari perché temevano per il declino della loro città. Può essere anche che Haydon volesse provare a vedere se raccontava una grrossa frottola e riusciva a farla franca.
Se è così si può benissimo dire l'obbiettivo è stato centrato, in pieno.
Questi articoli sono stati estratti ed adattati dalla seguente fonte originale in lingua inglese.
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